Il sistema bancario italiano sarà anche il più liquido in Europa ma non per questo l'Italia può fare a meno di un piano di emergenza per assicurare l'intervento tempestivo dello Stato e il salvataggio di banche in crisi irriversibile. Il sistema bancario italiano ha meno perdite legate ai titoli "tossici" e per la raccolta può contare più di altri Paesi sul risparmio dei cittadini: ma va scongiurato in Italia il rischio che il credit crunch freni un'economia già con il fiato cortissimo. È per questo che oggi una strategia anti-crisi a 360 gradi sarà messa a punto in un vertice ad altissimo livello tra i numeri uno di Tesoro, Banca d'Italia, Confindustria e Abi.
Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi o il direttore generale Fabrizio Saccomanni, il presidente dell'Abi Corrado Faissola e il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia si incontreranno in un summit. Gli obiettivi sono molteplici anche se come confermavano ieri fonti del Tesoro «l'Italia si trova in una situazione più tranquilla di altri Paesi», ora l'impostazione degli interventi resta quella del «passo dopo passo» e «le banche hanno liquidità sufficiente». L'occasione si presta comunque per una ricognizione a tutto tondo della situazione e degli strumenti a disposizione di Tesoro e Banca d'Italia: sarà riverificato lo stato di salute del sistema bancario e verrà testato il polso del tessuto industriale, per stabilire fino a che punto la crisi del credito bancario sta riducendo di riflesso il credito disponibile alle imprese. Faissola presenterà anche i dati più aggiornati – realizzati anche sulla base di materiali elaborati dall'Ufficio studi Mediobanca – sul costo del denaro per le imprese.
Sul fronte degli strumenti a disposizione del sistema-Italia, la partita della garanzia pubblica sui depositi bancari resta aperta: le banche italiane - i cui depositi sono garantiti fino a 103.000 euro da un fondo privato costituito e alimentato dalle banche stesse - hanno ora uno svantaggio competitivo nei confronti di quegli istituti stranieri (sempre più numerosi) i cui depositi sono garantiti fino a 100mila euro direttamente dallo Stato (il fondo nazionale di garanzia italiano non va oltre i 20mila euro). Tuttavia la decisione dell'Ecofin di allentare le restrizioni sugli aiuti di Stato, nel caso di salvataggio delle banche, aumenta i margini di manovra dell'Italia, che deve affrontare questa crisi epocale con un debito/Pil già oltre il 100 per cento. Una garanzia all'irlandese, estesa a depositi, obbligazioni, covered bond e prestiti subordinati delle banche, in Italia costringerebbe il Tesoro a garantire 1.700 miliardi, compresi i prodotti della Cassa depositi e prestiti. La Cdp fino a ieri non risultava in pole position per il salvataggio delle banche, come la Cdc francese: Eurostat infatti non perde occasione per richiedere all'Istat, come avrebbe fatto recentemente, chiarimenti sulle attività della Cdp. Ora che la crisi bancaria sta flettendo i paletti sugli aiuti di Stato in vigore nell'Ue, si apre una porta ai 90 miliardi di liquidità parcheggiati dalla Cassa sul conto corrente della Tesoreria centrale (e remunerati a caro prezzo dal Tesoro). Questi fondi, che provengono dalla raccolta postale garantita dallo Stato, possono essere usati per molti fini, ma finora il vincolo maggiore è stato proprio quello dell'aiuto di Stato. Lo statuto dell'istituto presieduto da Alfonso Iozzo prevede che la gestione separata possa investire anche in partecipazioni azionarie «accessorie», entrando nel capitale di banche e società finanziarie: ma non è detto che la ciambella di salvataggio per il sistema bancario italiano si trovi in via Goito.
